L’ANTICA PROCESSIONE DEL VENERDI’ SANTO A L’AQUILA
Occorre risalire alla fondazione della città dell’Aquila per trovare nella tradizione popolare i presupposti di quella religiosità che diede vita al suo interno ad alcuni fra gli esempi migliori dell’architettura religiosa.
Per questa sua intrinseca religiosità è lecito supporre che nella città dell’Aquila sin dalla fondazione – o almeno nei tempi immediatamente successivi – si svolgessero tutte le principali processioni, compresa quella del Venerdì Santo.
Nella ricerca storica effettuata da Aldo Bruno Cerè troviamo quanto segue: “Mentre abbiamo memoria che la processione del Corpus Domini era in essere al tempo del vescovo Paolo Rainaldi (1349-1377), che quella di S. Massimo ebbe inizio nel 1380 e cessò sotto il vescovo Lodovico Sabbatini d’Anfora (1750-1776) ed infine che la processione dell’Annunziata fu istituita nel 1456, nulla abbiamo potuto reperire circa l’inizio di quella del Venerdì Santo.
Siamo tuttavia in grado di asserire, con esattezza, che nel 1505 la processione di cui trattasi era già in essere o forse era di imminente istituzione. Infatti: «Gli Ufficiali della Confraternita (di S. Leonardo) a 8 Settembre 1505 fecero lavorare un tumulo in cui erano sette figure, cioè Cristo morto e nudo col lenzuolo, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, che lo sostenevano uno dal Capo e l’altro dai Piedi, la Vergine Santissima, S. Giovanni, Maddalena e l’altra Maria, per convenuto prezzo di docati sessanta. (Istrumento r.n. Ippolito Balneo 8 Settembre 1505).
E vi è memoria, che questo era il Mistero che portavasi nella Processione del Venerdì Santo» (Emidio Mariani – Memorie Istoriche della Città dell’Aquila – Manoscritto n. 584 in Biblioteca Provinciale L’Aquila pag. n. 248).
Anche per il fatto che prima del 1505 non abbiamo notizie della suddetta processione, dobbiamo ritenere che essa sia stata istituita l’anno dopo (1506) e che il simulacro del Cristo Morto che si portava in processione fosse appunto quello sopra indicato.
Sappiamo inoltre che il vescovo Giuseppe De Rubeis, con suo editto dell’1 Aprile 1601, diede ordine a tutte le confraternite di trovarsi all’ora solita in Cattedrale con le proprie insegne, misteri e luminarie, per partecipare alla processione del Venerdì Santo (in Archivio Curia Arcivescovile – Libro degli editti – VoI. I – pag. 87).
Inoltre dalla Storia della Diocesi Aquilana di Nicolò Lodi, morto nel 1805 (manoscritto n. 93 in Biblioteca Provinciale L’Aquila – pag. 70), apprendiamo che nel 1672 dalla Confraternita del Santissimo Sacramento «fu risoluto che lo stendardo che portavasi nella oggi abolita processione del Venerdì Santo, si dovesse in futurum portare da Portatori cavati a sorte e coll’accompagno di 8 torce».
Essendo poi sorte discussioni tra le varie confraternite per questioni di precedenza nella processione di cui trattasi, il 10 Aprile 1754 il vescovo Lodovico Sabbatini d’Anfora emanò un editto – da affiggere alla porta della Cattedrale – con cui si ordinava alle singole Confraternite e Compagnie di intervenire il giorno 12 successivo alla processione del Venerdì Santo, con i soliti misteri non vivi, ma dipinti o figurati – e con i soliti lumi, torce e cere.
Il ritrovo in Cattedrale era fissato per le ore 24, affinché la processione stessa potesse uscire non più tardi di un’ora di notte.
Raccomandava il vescovo la massima umiltà, modestia e devozione e – sotto pena di immediata scomunica – di non portare suoni appresso ai misteri e di non portare armi.
Nell’editto si dava anche ordine ai sagrestani della Cattedrale di non permettere che la processione uscisse più tardi dell’ora stabilita e perciò disporre in processione quelle Confraternite e Compagnie che vi si trovavano, chiudendo poi la porta della Cattedrale.
L’editto stabiliva infine l’ordine che le suddette associazioni dovevano osservare e il mistero che ciascuna di esse dovesse portare.
In merito all’orario della processione, riteniamo opportuno chiarire che, nel secolo XVIII, le ventiquattro ore del giorno si contavano a partire dal tramonto del sole o più precisamente dall’ave Maria della sera, che veniva annunziata – come oggidì – dal suono delle campane circa mezz’ora dopo il tramonto. Pertanto le ore ventiquattro, indicate dall’editto per il ritrovo in Cattedrale delle singole Confraternite e Compagnie, corrispondevano all’incirca, nel Venerdì Santo, alle ore 19. Di conseguenza la processione, secondo gli ordini impartiti dal vescovo, doveva uscire dalla Cattedrale – al massimo – «ad un’ora di notte», cioè alle 20.
Dal manoscritto del citato Emidio Mariani n. 583, pag. 20 e 21, apprendiamo inoltre che l’itinerario della processione era simile a quello della processione del Corpus Domini e cioè: «da S. Massimo a S. Agostino per la strada diritta o sia del Corso, da Piazza di Palazzo a S. Pietro di Coppito, a S. Domenico, calando a basso da S. Pietro di Sassa, a S. Chiara Povera, S. Caterina Martire, a S. Massimo».
La processione ebbe però termine nel 1768 e dal manoscritto n. 580 – sempre del Mariani – pag. 387, apprendiamo infatti: «A 10 Dicembre 1768 il Re con Real’Ordine vietò tutte le processioni solite a farsi nel dopo pranzo, permettendo farle la mattina, sino al mezzo dì. Onde nell’ Aquila rimase totalmente abolita quella che si faceva con gran pompa nel Venerdì Santo con i quindici Misteri della Passione di Gesù Cristo.
Sicché tutte le processioni solite a farsi il dopo pranzo, si cominciano e si proseguono la Mattina, ed a stenti si ottenne il permesso, giusta il solito per quella del 28 Agosto per l’Indulgenza, in cui portasi la Bolla per essa di S. Pier Celestino».
Pertanto la mistica processione del Venerdì Santo nell’Aquila cessò nel 1768, per motivi di ordine pubblico.
Due secoli dopo, però, e precisamente nel 1954 – grazie al devoto interessamento dei frati Minori del Convento di San Bernardino – è stata realizzata, e ripristinata in forma del tutto nuova, quella processione che nel passato – e per due secoli e mezzo – aveva solennemente rievocato ogni anno, nel Venerdì Santo, la passione e il sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo”.
A quanto scrive Aldo Bruno Cerè è da aggiungere che la fervida opera intrapresa nel 1954 dal giovane francescano Fra Salvatore Roccioletti, dal 1963 è stata portata avanti da Padre Casimiro Centi.
Dal 2000 è stata costituita l’Associazione Cavalieri del Venerdì Santo, formata da laici e religiosi, allo scopo di dare continuità all’annuale evento e di rendere la processione un supporto significativo alla religiosità degli aquilani e dei turisti, che la seguono con la stessa fedele e composta partecipazione del passato.